mercoledì 4 ottobre 2017

Equilibrio e punto di contatto.



 Condivido il bell'articolo che Michela Murgia ha scritto oggi sul blog quasigrazia.wordpress.com. Quasi Grazia è uno spettacolo dedicato a Grazia Deledda, attualmente in tournée nei teatri italiani. 
Lo condivido perchè la descrizione dell'esercizio, proposto da Michela Atzeni, è commentata con la narrazione dell'esperienza che ne è scaturita. L'attore in scena deve sempre mantenere un suo equilibrio e al tempo stesso una connessione con l'altro, con l'intera scena. Punto di contatto o punto di conflitto?

Per visionare il post sul sito: https://quasigrazia.wordpress.com/2017/10/04/il-punto-critico/

Per i pigri, e dal momento che la condivisione tra Wordpress e Blogger non è agevole, riporto l'articolo. (Il grassetto è una mia scelta).
<<Tra gli esercizi di preparazione attoriale che abbiamo fatto ce n’è uno che si chiama contact. Come quasi tutti i giochi di training, anche questo sembra fatto apposta per farti sentire un idiota e almeno all’inizio io mi ci sento. L’esercizio consiste nel camminare nello spazio scenico e poi fermarti restando immobile in una posa a tua scelta. Gli altri compagni a quel punto hanno pochi secondi per disporsi intorno a te in altre posizioni, mantenendo però un punto – uno solo – di contatto fisico. Le pose individuali non hanno importanza, conta solo la capacità di ispirarsi all’altro e disporsi insieme in equilibrio restando connessi con quel solo gesto.
È stato quando ci è stato ordinato di sciogliere la composizione che ho capito a cosa serviva l’esercizio: appena la persona con cui avevo stabilito il punto di contatto si è spostata dal mio appoggio, io mi sono sbilanciata e sono caduta.
“Il segreto di questo esercizio è non trasferire mai il tuo baricentro sul compagno” – mi ha detto la trainer Michela Atzeni mentre mi rialzavo – “Impara a evitare ogni posizione in cui il tuo equilibrio dipenda dal suo.” Impossibile non pensare che se il senso metaforico di queste parole mi fosse stato chiaro nella vita, oltre che sul palcoscenico, forse mi sarei risparmiata un sacco di sofferenze.
Mentre lo commetti diventa infatti evidente che quel contatto non è un appoggio: è un punto critico. In quei pochi centimetri esistono contemporaneamente il peso dell’altro e il tuo, il suo respiro e il tuo, il suo sudore e il tuo, le sue e le tue tensioni, mischiate all’implosione delle energie di entrambi. Quella connessione è un punto di conflitto, non solo di incontro, un luogo reciproco di intuizione e azione allo stesso tempo. A forza di farlo, il gesto diventa intenzione e non serve più compierlo: l’appoggio è negli occhi, nella postura del corpo e nell’energia che si libera anche stando immobili.
Il risultato di questo addestramento segreto alla reciprocità è quasi impercettibile allo spettatore che viene una sera a vederci. Per noi però è come un filo invisibile sempre teso tra l’uno e gli altri, un disegno di sguardi e gesti che ci fa diventare ogni sera tutti e quattro ragni e ragnatela allo stesso tempo.
C’è una mosca da impligliare: sta seduta in platea.>>