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David Mamet |
<<L’artista che lavora per il teatro assolve nella società alla stessa funzione cui assolvono i sogni nella vita del subconscio –la vita inconscia dell’individuo. Siamo destinati a provvedere ai sogni del corpo sociale, siamo i fabbricanti di sogni della società.>>
Con queste parole, David Mamet, drammaturgo e
sceneggiatore contemporaneo, descrive il lavoro nel teatro, lavoro inteso come
forma artistica e non solo come intrattenimento.
Attori, scenografi, autori sono tramiti attraverso i
quali si esprime l’anima del tempo.
Il loro lavoro manifesta una visione che può ispirare una generazione, ma non più a lungo, perché poi, quando la visione viene completamente recepita e codificata, cessa di essere tale e diventa istituzione. Anche l'istituzione ha i suoi meriti, serve a tramandare il sapere, ma distaccandosi da quella che è stata una deterinata visione, perchè, una volta che abbia assolto alla sua funzione, la visione in sé non ha senso di essere tramandata.
Quello che si può tramandare alle generazioni successive è la filosofia, la morale e l’estetica del teatro. Come? Attraverso la tecnica, ossia attraverso <<quelle capacità che mettono l’artista in grado di rispondere pienamente, sinceramente e con amore a ciò che desidera esprimere>>. L’acquisizione della tecnica rende possibile il raggiungimento dello scopo del teatro, che è la produzione di senso. Citando Stanislavskij, Mamet afferma che lo scopo del teatro è <<portare alla luce l’anima vivente dell’uomo>>. Il teatro abolisce le chiacchiere inutili, il teatro è il luogo della verità.
Il loro lavoro manifesta una visione che può ispirare una generazione, ma non più a lungo, perché poi, quando la visione viene completamente recepita e codificata, cessa di essere tale e diventa istituzione. Anche l'istituzione ha i suoi meriti, serve a tramandare il sapere, ma distaccandosi da quella che è stata una deterinata visione, perchè, una volta che abbia assolto alla sua funzione, la visione in sé non ha senso di essere tramandata.
Quello che si può tramandare alle generazioni successive è la filosofia, la morale e l’estetica del teatro. Come? Attraverso la tecnica, ossia attraverso <<quelle capacità che mettono l’artista in grado di rispondere pienamente, sinceramente e con amore a ciò che desidera esprimere>>. L’acquisizione della tecnica rende possibile il raggiungimento dello scopo del teatro, che è la produzione di senso. Citando Stanislavskij, Mamet afferma che lo scopo del teatro è <<portare alla luce l’anima vivente dell’uomo>>. Il teatro abolisce le chiacchiere inutili, il teatro è il luogo della verità.
Mamet dà qualche indicazione per chi scrive per il teatro.
Il drammaturgo dovrebbe attenersi alla regola aristotelica dell’unità di azione; sebbene il pubblico possa essere affascinato dalle caratteristiche dei personaggi e dalla loro psicologia, ciò che maggiormente gli interessa è quello che sta succedendo sulla scena. Il drammaturgo dovrebbe sempre tener presente la domanda: <<Adesso cosa succede?>> e scrivere azioni. È un lavoro impegnativo. <<È più facile scrivere bei dialoghi, che scrivere belle trame.>>
Il drammaturgo dovrebbe attenersi alla regola aristotelica dell’unità di azione; sebbene il pubblico possa essere affascinato dalle caratteristiche dei personaggi e dalla loro psicologia, ciò che maggiormente gli interessa è quello che sta succedendo sulla scena. Il drammaturgo dovrebbe sempre tener presente la domanda: <<Adesso cosa succede?>> e scrivere azioni. È un lavoro impegnativo. <<È più facile scrivere bei dialoghi, che scrivere belle trame.>>
Secondo Mamet, tutte le opere teatrali si occupano
del declino, di una situazione cioè che ormai ha raggiunto un completamento e che
inevitabilmente va incontro ad un momento di disordine. L’opera drammaturgica
si colloca in quel momento, riproponendosi di ristabilire l’ordine. Il compito
del drammaturgo e della rappresentazione drammatica è quello di
<<osservare e rappresentare il declino e il modo in cui si dirige verso
la quiete finale – e offrire quel
conforto che è compimento naturale della quiete.>>
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L. Barbareschi e L. Lante della Rovere (1993) in una rappresentazione di Oleanna di D. Mamet |
Viviamo in tempi di declino e quindi il lavoro
drammaturgico è ancor più rilevante.
Lo scopo del drammaturgo è <<far conoscere agli
altri […] la possibilità di un’intima unione con ciò che vi è di essenziale in
tutti noi: il fatto che siamo nati per morire, che lottiamo e veniamo
sconfitti, che viviamo non sapendo perché ci troviamo qui e che, nonostante
tutto, abbiamo bisogno di amare e di essere amati, ma abbiamo paura.>>
Non ci sono scorciatoie esistenziali per coloro che si misurano con uno scopo così alto: chi desidera imparare l’antica arte del raccontare
storie è destinato a soffrire, a ripetere a se stesso se valga la pena di
prendersene la briga. <<E la risposta –scrive Mamet agli artisti di teatro- è che dovete
prendervene la briga solo se siete stati scelti per questo, in caso contrario, non fatelo.>> L'artista, quindi, sente di essere chiamato ad essere tale, tuttavia, spesso si trova in mezzo ad una battaglia
tra volontà e paura. Tale battaglia è anche l’aspetto fondamentale di ogni
opera drammatica, cioè <<la lotta tra ciò che si è chiamati a fare e ciò
che si preferirebbe fare. L’esposizione
a tale battaglia è l’educazione al tragico.>>
Cercando di comprendere cosa deve fare della sua vita, l’artista di
teatro si avvicina alla filosofia, alla meditazione, alla recitazione, fino a
far coincidere personalità e lavoro e poter quindi adempiere al proprio scopo,
che è mettere in scena il nostro bisogno culturale di affrontare la domanda:
<<Come faccio a vivere in un mondo che mi condanna a morire?>>
Mamet non parla solo del drammaturgo, ma anche del lavoro
dell’attore.
L’attore condivide col drammaturgo gli scopi del
proprio lavoro, il proprio compito di rappresentare l’anima dell’uomo. Partendo
dal presupposto imprescindibile che la bravura in teatro è la capacità di dare, la bravura dell’attore non sta
nello stabilire dei canoni, ma nel creare
il presente, liberamente, tenendosi a debita distanza dalla ricerca dell’approvazione
e dell’autocompiacimento. L’abilità di recitare si acquisisce attraverso una
lunga pratica e miglioramenti infinitesimali, che si scorgono a malapena; è un’abilità
che si può anche perdere, commettendo l’errore di dare per scontate -e a mano a
mano abbandonare- abitudini che si sono conquistate a caro prezzo. Il modo
migliore di studiare è farlo apprendendo da un artista, da qualcuno in grado di
usare la tecnica teatrale.
L’attore eccelso è un attore che Mamet definisce organico, un attore generoso e
coraggioso, che non recita meccanicamente, che mantiene la propria attenzione
verso l’esterno, verso quello che sta cercando di ottenere e non verso i propri
sentimenti.
La recitazione <<finta e meccanica>>,
purtroppo molto diffusa, è rassicurante, segnala al pubblico che non sta
succedendo nulla di inquietante, ci dice che siamo al sicuro, ma ci inganna e
ci annoia.
Il teatro meccanico risponde al nostro bisogno di
possesso, mentre il teatro organico
risponde al nostro bisogno di amore.
L’attore organico porta in scena <<il desiderio invece della completezza, la volontà invece dell’emozione>>. Dopo
aver partecipato ad uno spettacolo organico, uscendo dal teatro, invece di
commentare la tecnica dell’attore, ci verrà spontaneo parlare della nostra
vita.
Bibliografia
D. Mamet, Note
in margine a una tovaglia. Scrivere (e vivere) per il cinema e per il teatro,
2004, Minimum Fax, Roma
Immagini
http://www.goodmantheatre.org/artists-archive/creative-partners/playwrights/david-mamet/
http://en.casanovamultimedia.it/produzioni/oleanna/
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