mercoledì 4 marzo 2015

Il teatro nell'Antica Grecia.



 Le Grandi Dionisie.

La storia del teatro nell’Antica Grecia è legata alla storia della città di Atene tra i secoli VI e IV a.C.
Alla fine del VI secolo (tra il 535 e il 534 a.C.), il tiranno Pisistrato autorizzò una gara per la rappresentazione di drammi tragici durante la celebrazione primaverile in onore di Dioniso, dio del vino, della giovinezza, della fertilità.
In questo periodo si colloca la figura leggendaria del poeta Tespi, che vinse l’agone drammatico del 534 a.C. con una sua tragedia (che non è giunta sino a noi).
Sotto il governo democratico di Clistene (510 a.C. circa), la festa di Dioniso ricevette una ufficialità civile e religiosa e nacquero così le “Dionisie cittadine” o “Grandi Dionisie”. A partire dal 486 a.C. venne aggiunto anche un agone comico.
Le Grandi Dionisie si celebravano nel mese di Elafebolione (che cadeva in marzo-aprile) e costituivano un importante evento per la città di Atene, che in primavera, con la ripresa della navigazione, era frequentata da numerosi visitatori stranieri.

Nel V secolo a.C. all’agone tragico partecipavano tre poeti, selezionati dall’arconte, ciascuno dei quali presentava una tetralogia di opere (tre tragedie e un dramma satiresco). I drammi venivano valutati da una giuria di dieci persone che decretavano un vincitore tra i concorrenti.
I poeti tragici del V secolo a.C. erano anche registi e qualche volta attori delle proprie opere.

Sono ancora presenti in questi drammi gli elementi caratteristici della primitiva danza drammatica: il solista e il coro, la danza e il canto, ma assume un’importanza determinante il linguaggio: esso permette alla società ateniese di rappresentare se stessa e la propria autoconsapevolezza, attraverso testi scritti e poi recitati davanti ad un pubblico.

I drammaturghi.

Gli autori che hanno avuto maggior influenza e dei quali conosciamo le opere sono: Eschilo, Sofocle ed Euripide, per le tragedie, ed Aristofane e Menandro, per le commedie.

Le commedie non venivano rappresentate durante le Grandi Dionisie, ma nelle feste dedicate a Dioniso che si tenevano d’inverno, le Lenee, che erano considerate meno importanti della festa primaverile.
Mentre le tragedie traevano materiale dal Mito, le commedie dalla quotidianità.

Eschilo (525 - 456 a.C.) introdusse un secondo attore e il dialogo nella tragedia (precedentemente un solo attore scambiava battute con il coro) e collegò le tre tragedie presentate all’agone con un unico tema, creando delle trilogie. Di queste, una sola ci è giunta completa: l’Orestea. I suoi personaggi sono intensi, i dialoghi puntano dritto allo scopo, non vi sono intrecci secondari, nessun momento comico. Eschilo scrive versi poderosi che suscitano nel pubblico orrore e pietà.

Di Eschilo sono giunte sino a noi sette tragedie (su circa novanta presunte):
                I Persiani
                I sette contro Tebe
                Le supplici
                Orestea
                               Agamennone
                               Le Coefore
                               Le Eumenidi
                Prometeo incatenato

Sofocle (496 – 406 a.C.) aggiunge un terzo attore ed Eschilo segue l’esempio nelle sue ultime tragedie. Questo permette, con la duplicazione e triplicazione dei ruoli, di avere più personaggi. Il dialogo si arricchisce dell’interazione tra i personaggi e consente di mostrare aspetti conflittuali delle situazioni e dei personaggi stessi. Il ruolo del coro è ridimensionato: non interviene nell’azione, ma commenta in maniera oggettiva.
Sofocle vinse le Grandi Dionisie per diciotto volte.

Sono sopravvissute sette tragedie integre, su una produzione di circa centotrenta drammi:
                Aiace
                Antigone
                Le Trachinie
                Edipo re
                Elettra
                Filottete
                Edipo a Colono
Nel XX secolo, è stato ritrovato un dramma satiresco incompleto:
                I cercatori di tracce (o I segugi)

Euripide (c. 480 – 406 a.C.) fu un autore controverso. A differenza di Eschilo e Sofocle, non apparteneva ad una famiglia aristocratica e non partecipava alla vita pubblica. I suoi drammi si distinguono da quelli di Eschilo e di Sofocle per un maggior realismo e disincanto. Gli Dei sono nei suoi drammi personificazioni delle forze della natura o dell’irrazionalità umana. Il coro diventa un elemento più formale che strutturale. Euripide inventa il Prologo, una introduzione che spiega agli spettatori la situazione iniziale del dramma. Questo espediente della spiegazione narrata viene utilizzato anche per momenti di raccordo o per le conclusioni.
Vinse le Grandi Dionisie cinque volte.

Sono pervenute diciotto tragedie su novantadue e un dramma satiresco.
Le tragedie:
                Alcesti
                Medea
                Ippolito
                Gli Eraclidi
                Le Troiane
                Andromaca
                Ecuba
                Supplici
                Ione
                Efigenia in Tauride
                Elettra
                Elena
                Eracle
                Le fenicie
                Oreste
                Le Baccanti
                Ifigenia in Aulide
                Reso (ritenuta spuria)
Il dramma satiresco:
                Il ciclope
               
Aristofane (c. 448 – 380 a.C.) ha uno stile che mescola elementi rustici e sofisticati, le prime commedie sono costruite sulla disputa verbale e la comicità scaturisce dai lazzi ad personam e dai riferimenti all’attualità. Successivamente, la ridicolizzazione ad personam si attenua trasformandosi in una satira dei costumi e l’intreccio diventa più rilevante rispetto alla situazione. Questa è quella che viene denominata la commedia “di mezzo”, che si situa tra la commedia “antica”, più semplice e volgare, e la “commedia nuova”. Anche nella commedia il ruolo del coro va progressivamente ridimensionandosi.

Sono giunte a noi integre:
                Gli Arcanesi
                I cavalieri
                Le nuvole
                Le vespe
                La pace
                Gli uccelli
                Le donne alle tesmoforie
                Lisistrata
                Le rane
                Le donne al parlamento
                Pluto


Menandro (342 – 292 a.C.) è autore di una commedia “nuova”, come la definiscono gli studiosi classici, più elegante e delicata rispetto alle precedenti, meno licenziosa ma anche meno fantasiosa. Il coro interviene con danze e canti negli intervalli tra le cinque parti della commedia, non ha rilevanza nello svolgimento della trama. Menandro ha influenzato notevolmente la commedia romana.

Sono pervenute integre le commedie:
                Il misantropo
                La donna di Samo
Sono incomplete:
                Lo scudo
                La donna tosata
                L’arbitrato
                La collana


Bibliografia e Sitografia

G. Wickham, Storia del teatro, 1988, Società editrice il Mulino, Bologna
V. Di Benedetto, E. Medda, La tragedia sulla scena, 2002, Giulio Einaudi Editore, Torino

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